Autore: Avv. Francesco Martin, Ordine degli Avvocati di Venezia
La vicenda in esame riguardava la condotta tenuta dall’imputato che, dopo aver instaurato una relazione con una ragazza, contattandola su un noto social network, ha tenuto un comportamento altamente lesivo dei diritti e della dignità di quest’ultima, trattandola come un oggetto di sua proprietà e riducendola in una condizione paragonabile alla schiavitù, con tanto di minacce e aggressioni fisiche.
Inoltre, l’imputato avrebbe obbligato la stessa, dopo aver indotto in errore circa l’effettiva sussistenza del consenso l’esecutore materiale, a tatuarsi sul viso il suo nome, di fatto provocandole uno sfregio permanente del volto.
Da qui l’imputazione e la condanna per i reati cui agli artt. artt. 572, 582 e 583-quinquies c.p.-
La Corte di cassazione (Cass. Pen., Sez. V, 26.09.2022, n. 36194), pronunciandosi sul ricorso presentato dal difensore dell’imputato nei confronti della sentenza emessa dalla Corte d’Appello, la quale aveva confermato la decisione del Giudice dell’udienza preliminare, ha difatti affermato che: “È configurabile il reato di maltrattamenti in famiglia anche in presenza di un rapporto di convivenza di breve durata, instabile e anomalo, purché sia sorta una prospettiva di stabilità e un’attesa di reciproca solidarietà” (Sez. 6, n. 17888 dell’11/02/2021, O., Rv. 281092)”.
La Suprema corte quindi, richiamando alcuni precedenti giurisprudenziali sul punto, ha ritenuto che il reato di maltrattamenti in famiglia, reato abituale che richiede conseguentemente il compimento di atti che non siano sporadici e siano manifestazione di un atteggiamento di contingente aggressività, occorrendo una persistente azione vessatoria idonea a ledere la personalità della vittima, sia configurabile anche se la relazione affettiva tra i due soggetti (anche dello stesso sesso) sia breve, purché caratterizzata da una volontà futura di stabilità e un’attesa di reciproca solidarietà.
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